“Spese difesa fuori dal Patto di Stabilità”. O eurobond o ha ragione Tajani

Eugen Richter
21/12/2024
Poteri

Le spese per la difesa vanno escluse dal Patto di Stabilità“. Con queste parole, il Ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani ha portato al centro del dibattito europeo una questione cruciale: come finanziare le crescenti necessità di sicurezza dell’Unione Europea senza penalizzare i bilanci nazionali? La proposta di Tajani coglie una priorità essenziale: garantire agli Stati membri la possibilità di rafforzare la propria capacità di difesa in un contesto geopolitico instabile e complesso.

La proposta di Tajani richiama l’urgenza di una soluzione strutturale e coordinata a livello europeo. La strada maestra, infatti, sarebbe il lancio di un piano di eurobond dedicato alla difesa, che permetterebbe di finanziare investimenti strategici in maniera sostenibile ed efficiente.

La cornice tecnica per lo scorporo delle spese di difesa

L’ipotesi di escludere le spese per la difesa dal Patto di Stabilità e Crescita dell’Unione Europea mira a consentire agli Stati membri di incrementare gli investimenti nel settore della difesa senza violare i vincoli di bilancio comunitari. Attualmente, come si sa, il Patto di Stabilità impone limiti stringenti sul deficit e sul debito pubblico, rendendo complesso per i Paesi aumentare la spesa militare necessaria per affrontare le crescenti sfide alla sicurezza.

Dal punto di vista normativo, l’articolo 126 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) stabilisce che gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi, con un limite del 3% del PIL per il deficit e del 60% per il debito pubblico. Tuttavia, non esistono attualmente disposizioni specifiche che permettano di escludere categorie di spesa come quella per la difesa, dal calcolo di questi parametri.

Economicamente, lo scorporo delle spese per la difesa offrirebbe maggiore flessibilità fiscale agli Stati membri, permettendo loro di rafforzare le capacità militari in risposta a minacce emergenti senza compromettere gli obiettivi di sostenibilità del debito. Ciò potrebbe facilitare il raggiungimento dell’obiettivo NATO di destinare il 2% del PIL alle spese militari, un traguardo che alcuni Paesi europei – come Italia e Spagna – faticano a conseguire. C’è da dire che alcuni analisti avvertono che l’esclusione di queste spese potrebbe indebolire la disciplina fiscale complessiva e creare precedenti per ulteriori richieste di deroghe, complicando la governance economica dell’UE. E poi c’è la “forza di gravità”: i mercati che assorbono i titoli di debito, prezzano non la necessità dell’Italia di investire nella propria difesa, ma la capacità dello Stato di ripagare il debito contratto.


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La soluzione ambiziosa: eurobond per la difesa europea

Un piano europeo basato sugli eurobond rappresenterebbe la scelta più lungimirante per affrontare questa sfida. Attraverso l’emissione di obbligazioni congiunte, l’Unione Europea potrebbe raccogliere risorse sui mercati dei capitali a tassi di interesse significativamente più bassi rispetto a quelli ottenibili dai singoli Stati membri. Questo strumento, già utilizzato con successo per il Next Generation EU, consentirebbe di finanziare una politica di difesa coordinata e di rafforzare l’autonomia strategica dell’Europa.

Gli eurobond garantirebbero un approccio collettivo agli investimenti, evitando duplicazioni e frammentazioni, e promuoverebbero progetti comuni nei settori chiave come la tecnologia militare avanzata, la difesa cibernetica e la sicurezza infrastrutturale. Inoltre, consoliderebbero il ruolo dell’Europa come attore globale, inviando un messaggio chiaro di unità e determinazione.

Tajani ha ragione: in assenza di eurobond, servono soluzioni immediate

Nonostante gli eurobond rappresentino la risposta ideale, la loro realizzazione richiede una scelta politica coraggiosa da parte degli Stati membri. In assenza di questa volontà collettiva, la proposta di Tajani di escludere le spese per la difesa dal Patto di Stabilità diventerebbe una soluzione necessaria. Non si può infatti chiedere agli Stati membri di rispondere alle esigenze di sicurezza senza offrire loro la flessibilità fiscale per farlo. In una fase storica caratterizzata da una guerra ibrida, e dunque da un rischio ormai esistenziale per le nostre società, le rigide regole di bilancio non possono diventare un ostacolo alla sicurezza dell’Europa e alla capacità dei singoli Paesi di contribuire a una difesa comune.

Una scelta politica per il futuro dell’Europa

Il futuro della difesa europea richiede decisioni audaci e una visione strategica condivisa. L’esclusione delle spese per la difesa dal Patto di Stabilità, come suggerito da Tajani, è una misura di buon senso, soprattutto se le alternative più ambiziose tardano a materializzarsi. Tuttavia, l’Europa non può permettersi di rimandare all’infinito un approccio realmente coordinato e sostenibile.

La vera sfida è politica: sarà l’Europa capace di imboccare la strada degli eurobond per consolidare la propria sicurezza e autonomia strategica, o si limiterà a misure emergenziali? La proposta di Tajani indica un passo nella giusta direzione, ma il traguardo deve essere una difesa comune finanziata con strumenti collettivi. Perché solo un’Europa che agisce unita può affrontare con successo le sfide del futuro.

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