Starlink esiste, Iris2 ancora no: la forza di Musk è nei ritardi europei

Sofia Fornari
07/01/2025
Frontiere

Secondo quanto riportato in primis da Bloomberg, e poi dalle stesse dichiarazioni oblique dei protagonisti, il governo italiano sarebbe in trattative avanzate per un contratto del valore di 1,5 miliardi di euro con SpaceX, l’azienda fondata da Elon Musk, finalizzato a garantire comunicazioni sicure per il governo italiano attraverso la rete satellitare Starlink. Questo progetto quinquennale avrebbe già ottenuto l’approvazione dei servizi di intelligence italiani e del Ministero della Difesa, sebbene non sia stato ancora formalizzato.

Il governo italiano ha smentito la firma di un accordo definitivo, precisando che le interlocuzioni con SpaceX rientrano nei normali approfondimenti condotti con società specializzate in connessioni protette per esigenze di comunicazione di dati crittografati. Nonostante ciò, Elon Musk ha espresso pubblicamente la sua disponibilità a fornire all’Italia servizi di connettività sicura e avanzata tramite Starlink. Queste discussioni si inseriscono in un contesto più ampio, in cui l’Italia sta valutando soluzioni per migliorare in generale la connettività internet, specialmente nelle aree remote. È di oggi, ad esempio, la notizia secondo cui proprio Starlink sarebbe favorita nella gara per il potenziamento della connettività satellitare in Lombardia, mentre risale al 2023 la collaborazione di Unipol con Starlink per migliorare la connettività nelle aree colpite dalle alluvioni in Emilia-Romagna.

Partiamo da un assunto: la penetrazione di Starlink in Italia è facilitata da un fatto ineludibile, il ritardo di connettività accumulato negli ultimi anni rispetto ad altri Paesi europei, come testimoniano con chiarezza da un recente rapporto I-com. A partire da questa fragilità (non l’unica), l’Italia è oggettivamente il luogo “ideale” da cui Starlink può tentare di affermarsi nel mercato europeo.

Starlink è oggi leader indiscusso

Negli ultimi anni, il settore delle telecomunicazioni satellitari ha conosciuto una trasformazione radicale proprio grazie all’ingresso di attori privati come SpaceX, con il suo ambizioso progetto Starlink. Con oltre 7.000 satelliti operativi e una rete in espansione che punta a superare i 12.000 satelliti, Starlink offre già un servizio globale che consente connessioni internet ad alta velocità in aree remote e scarsamente connesse.

La creatura di Musk ha costruito il suo successo nel settore su un modello di business solido, basato su abbonamenti mensili che garantiscono flussi di cassa ricorrenti, e su un’infrastruttura tecnologica altamente innovativa. I razzi Falcon 9 riutilizzabili hanno ridotto drasticamente i costi di lancio, consentendo un’espansione rapida della rete con un’efficienza senza precedenti. L’azienda non si è limitata al mercato civile: ha già dimostrato di essere un partner strategico per governi e forze armate, come dimostrato dall’utilizzo della rete Starlink in contesti critici come il conflitto in Ucraina.

IRIS² e GovSatcom: il ritardo dell’iniziativa europea

Dall’altro lato, c’è IRIS², cioè il tentativo europeo di costruire una costellazione satellitare che offra comunicazioni sicure per scopi governativi, militari e civili, garantendo al contempo l’accesso a internet ad alta velocità in regioni scarsamente servite. Con un costo stimato di 10,6 miliardi di euro, finanziati attraverso un modello pubblico-privato, il progetto mira a rafforzare la sovranità tecnologica dell’Europa e a ridurre la dipendenza da attori esterni come Starlink. Accanto a IRIS², c’è poi il programma GovSatcom, lanciato in abbinamento, e che si concentra sulla fornitura di servizi di comunicazione satellitare sicuri e affidabili per le autorità pubbliche europee e nazionali in situazioni di crisi o per operazioni sensibili.

Parliamo con franchezza: il progetto europeo soffre di debolezze significative. La costellazione non sarà operativa prima del 2030, rendendo difficile competere con l’espansione rapida di Starlink. Inoltre, il numero previsto di satelliti (circa 290) è nettamente inferiore a quello di Starlink, limitando potenzialmente la capacità di copertura e la competitività in termini di prestazioni. I lanciatori spaziali europei, come Ariane 6 e Vega-C, sono ancora in fase di sviluppo o hanno ritardi, il che limita le possibilità di espansione in tempi brevi e tiene alti i costi operativi. La differenza tra Starlink e IRIS² non si limita alla dimensione tecnica. Rappresenta anche due filosofie contrapposte. Starlink incarna la capacità di un attore privato (che pure ha beneficiato di generosi sostegni pubblici lungo tutta la sua scalata) di innovare rapidamente, attrarre investimenti e rispondere alle esigenze dei consumatori globali. IRIS², invece, rispecchia un modello di intervento pubblico orientato a obiettivi strategici di lungo termine, come la sicurezza, la resilienza e la sovranità. Questa diversità si riflette anche nelle modalità di finanziamento. Mentre Starlink si sostiene attraverso abbonamenti e investimenti privati, IRIS² dipende in gran parte da fondi pubblici europei, con tutte le complessità politiche e burocratiche che questo comporta. Non mancano, va detto, i punti di forza del progetto europeo. IRIS² punta su applicazioni di alto valore strategico, come le comunicazioni militari e governative sicure. Ovviamente, per capitalizzare su questi punti di forza, il progetto deve affrontare sfide urgenti: ridurre i ritardi di implementazione, aumentare la capacità di scalabilità e superare le lentezze burocratiche e politiche che spesso frenano l’efficienza dell’azione europea. Solita storia, insomma: aver pensato per anni a regolare anziché a fare e lasciar fare, ha portato allo stato attuale delle cose.

Quel che c’era da dire sulla vicenda lo ha scritto brillantemente Peter W. Kruger: “Se Musk in 25 anni è stato capace di creare in serie Tesla, SpaceX, Starlink, xAI, eccetera, è proprio per i buchi impressionanti di mercato lasciati impresidiati da generazioni di politici e burocrati che non saprebbero neppure allacciarsi le scarpe da soli. Stiamo parlando del medesimo livello di demenza legalista e dirigista che fa dire a certi avvocaticchi “esperti di digitale” che l’AIAct renderà l’UE protagonista della rivoluzione AI”.

Sempre Kruger scrive che, se c’è una via alla soluzione dei problemi del Paese, questa risiede interamente nella tecnologia, “per cui ben venga anche Starlink se puoi darci un edge (e perché no? Investiamo anche nel progetto UE)”. La riflessione di Kruger parte dal presupposto, che per lui vale dai tempi delle infinite e in fin dei conti inutili discussioni sulla “italianità” della rete Telecom, che l’elemento sensibile non è lo “strato fisico” del sistema di comunicazione, che sia la fibra o una rete di satelliti, ma la capacità reale di competere sulla frontiera dell’innovazione.

Su questo, in tutta Europa e massimamente in Italia, abbiamo tanto da lavorare, se non vogliamo condannarci a un destino da colonia di potenze e potentati esterni. Uno slogan possibile per un partito di patrioti europei che non c’è: less regulation, more innovation.