Sulla difesa Trump ha ragione. Chi vuol bene all’Europa, lo ammetta
Donald Trump, con la sua richiesta che i Paesi NATO spendano almeno il 5% del PIL per la difesa, ha lanciato una provocazione che non dovrebbe essere ignorata. Al di là della cifra esatta, e dell’atteggiamento buffone e sbruffone del presidente eletto degli Stati Uniti, non riconoscere questa urgenza significa non essere buoni europei.
L’Europa deve uscire dall’illusione del “parassitismo strategico”
Da troppo tempo – su L’Europeista lo scriviamo dall’inizio delle nostre pubblicazioni – i membri europei della NATO si sono adagiati sull’ombrello di protezione offerto dagli Stati Uniti, contribuendo meno di quanto avrebbero dovuto e dovrebbero alla sicurezza comune. Ancora oggi, nove Paesi dell’Alleanza, tra cui l’Italia, non raggiungono nemmeno la promessa minima del 2% del PIL per la difesa: una soglia che non è stata imposta da nessuno, ma decisa dagli stessi Paesi NATO. Questo atteggiamento ha alimentato accuse di “parassitismo strategico” e messo a rischio la coesione transatlantica, soprattutto sotto la presidenza Trump, che ha spinto per un maggiore equilibrio finanziario. Diciamola anche in altri termini: il parassitismo europeo alimenta il vittimismo aggressivo di Trump.
La linea da seguire è quella indicata da Mark Rutte
Se il 5% proposto da Donald Trump appare una soglia difficilmente raggiungibile nell’immediato, stante anche i complicati vincoli di bilancio e la capacità produttiva delle industrie militari europee, la direzione è inevitabile e necessaria, come sta ribadendo il nuovo Segretario generale della NATO Mark Rutte ad ogni occasione. La proposta di Rutte di raddoppiare l’obiettivo di spesa al 4% del PIL rappresenta un punto di equilibrio realistico e ambizioso. Ma, come sottolinea l’ex premier liberal-conservatore olandese, non basta spendere di più: bisogna farlo meglio e insieme. Le sue raccomandazioni puntano su due priorità fondamentali:
- Investire nelle tecnologie più innovative per rafforzare la base industriale e la capacità di difesa dei singoli Paesi.
- Acquistare insieme, poiché la cooperazione nell’approvvigionamento di armamenti e risorse può ridurre i costi e migliorare l’efficacia operativa.
Queste strategie consentirebbero di raggiungere obiettivi di sicurezza più ambiziosi senza gravare eccessivamente sui bilanci nazionali, promuovendo al contempo l’integrazione europea in ambito difensivo.
L’urgenza geopolitica: un’Europa forte o irrilevante?
Il contesto attuale non permette esitazioni. La guerra in Ucraina, l’aggressività crescente della Russia nel Baltico e nel Caucaso, la prospettiva di una guerra di annessione della Cina su Taiwan, le costanti tensioni mediorientali e gli attacchi pirateschi e terroristici alle navi in transito nel canale di Suez richiedono che l’Europa si prenda sul serio, se non vuole letteralmente morire. Non si tratta solo di una questione finanziaria, ma di visione politica e responsabilità storica. Un’Europa che non investe nella propria sicurezza è un’Europa debole, destinata a essere irrilevante nello scacchiere globale, erbivora tra carnivori.
Essere buoni europei significa investire in difesa
Essere buoni europei significa anche essere pronti a proteggere i propri valori e interessi. La spesa per la difesa non è uno spreco, ma un investimento strategico per il futuro del continente: maggiore spesa, maggiore cooperazione e maggiore innovazione. O crediamo che i ritardi accumulati nell’ambito satellitare, per restare su un tema caldo di questi giorni, non dipendano anche dalla scarsa attenzione posta agli investimenti militari? Altro che superbonus per le villette.