Trump e la diplomazia del guinzaglio: come la UE può reagire
Il grande paradosso dei nostri tempi sta nell’affidarsi a chi propone soluzioni sempre più semplici, sempre più ascrivibili alla dimensione del bianco o nero, in un mondo che sempre di più si compone di fenomeni complessi, difficili da poter interpretare in modo chiaro e univoco. Su questo dualismo si è composta praticamente tutta la vita politica di Donald Trump, che nella sua prima settimana da inquilino della Casa Bianca ha offerto diverse dimostrazioni di come le relazioni internazionali saranno modificate, e come la definizione di alleato degli Stati Uniti cambierà di significato nel corso dei prossimi quattro anni.
Basti pensare al recente episodio che ha visto coinvolto il Presidente statunitense e quello colombiano, Gustavo Petro, reo di non aver concesso agli aerei militari americani contenenti migranti colombiani di atterrare sul suolo colombiano, chiedendo la formulazione di un protocollo che garantisca il rispetto dei diritti umani dei migranti nel processo di rimpatrio. La reazione della Casa Bianca non si è fatta attendere, con minacce di dazi al 25% su tutte le importazioni dal paese sudamericano e addirittura di sanzioni sui visti anche ai familiari di Petro, intimidazioni ritirate almeno in buona parte solo dopo un importante dietrofront del presidente colombiano.
Per quanto si possa sostenere che sia, almeno in parte, compito anche del governo colombiano occuparsi di rimpatriare migranti che hanno oltrepassato illegalmente dei confini, è necessario mettere il punto sulle modalità con cui il processo è avvenuto: migranti incatenati; imposizione di accettare i voli; immediate e inutili ritorsioni anche sulla famiglia del Presidente Petro, allentate solo dopo aver ottenuto la sottomissione di un Paese che è storico alleato degli Stati Uniti e che, ovviamente, non ha la forza per poter condurre a lungo una battaglia politica di questo tipo.
Oltre a questo caso, si può pensare a tutte le dichiarazioni fatte nelle ultime settimane riguardo il canale di Panama, la Groenlandia e addirittura il Canada: se queste uscite fossero venute da Biden o da qualsiasi altro presidente degli ultimi cent’anni sarebbero state bollate senza dubbio come ridicole e anzi, probabilmente avrebbero portato tanti a dubitare della capacità di giudizio del Presidente. Invece oggi sembra che tutto questo passi quasi in sordina, che sia in qualche modo connaturato alla forte personalità di Trump.
Cosa pensare, da europei?
Da europei (ed europeisti), non possiamo tralasciare le dichiarazioni del Presidente americano di qualche giorno fa al World Economic Forum di Davos: «Se non produci in America, allora molto semplicemente dovrai pagare un dazio – importi differenti, ma dazi che porteranno centinaia di miliardi di dollari e anche trilioni di dollari nel nostro Tesoro per rafforzare la nostra economia e ridurre il debito». Non sono mancati neanche gli attacchi all’Unione Europea, accusata di favorire scambi sfavorevoli per gli Stati Uniti, ad esempio, nel settore automobilistico e in quello agroalimentare.
Tutte queste minacce possono essere lette come la volontà di Trump di creare le condizioni per poter avviare dei trattati bilaterali che permettono agli Stati Uniti di poter sfruttare il loro vantaggio in termini di forza economica e non solo. È difficile pensare davvero che gli Stati Uniti entreranno a Panama o in Groenlandia o addirittura in Canada con l’esercito, ma è ragionevole pensare che la sola minaccia possa portare a delle trattative volte a massimizzare i vantaggi economici dell’America, con tutta probabilità a discapito dei partner e degli alleati. Le politiche isolazioniste, infatti, possono essere ascritte nella categoria delle politiche cosiddette “beggar thy neighbour” (danneggia il vicino), ovvero non rivolte ad aumentare il livello della domanda e della produzione mondiale, quanto a spostarla da una zona del mondo all’altra.
In pratica, il gioco è chiaro: per Trump non vale più neanche “con noi o contro di noi”, ma potremmo parafrasare questa espressione con “sotto di noi o contro di noi”. Sarà fondamentale per l’Unione Europea compattarsi di fronte ai ricatti che rischieranno di minare la nostra competitività economica, e qui rimando all’ultimo articolo di Piercamillo Falasca, ma al tempo stesso servirà rilanciare la capacità europea di essere finalmente ambiziosa su settori fondamentali come l’intelligenza artificiale, che negli Stati Uniti vede investimenti per centinaia di miliardi di dollari che porteranno l’UE a trovarsi in una posizione di inferiorità tecnologica in un altro settore strategico cruciale, dopo i social media e i semiconduttori.
La sola ipotesi dei dazi che possano colpire tutti i mercati del mondo, ed in particolare quello europeo, sembra aver risvegliato a Bruxelles la voglia di stringere alleanze e rafforzare le partnership strategiche in quella che potremmo definire come una diversificazione della clientela a tutti gli effetti: in pochi giorni si sono raggiunti accordi politici per un patto di libero scambio con il Messico, si sta valutando la fattibilità di un accordo simile con la Malesia e nel mese di febbraio la Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen si recherà in India per discutere di un patto di alleanza strategica che riguarderà sicuramente anche le possibilità economiche e politiche di una maggiore apertura allo scambio tra i soggetti interessati.
L’Europa chiamata a rispondere all’approccio “sotto di noi o contro di noi”
Per concludere, la politica estera di Donald Trump sembra essere il riflesso di un’epoca in cui il semplice e l’immediato sovrastano la complessità e la lungimiranza. Il suo approccio, che ho definito “sotto di noi o contro di noi“, spinge gli alleati e i partner globali a fare i conti con un mondo più instabile e frammentato, dove la forza bruta e la minaccia economica sembrano dominare. In questo scenario, l’Unione Europea è chiamata a rispondere con una strategia che non si limiti a una mera difesa, ma che sappia essere audace, ambiziosa e in grado di rilanciare la propria competitività su terreni cruciali, come l’intelligenza artificiale e la tecnologia. Se l’Europa saprà, infatti, smettere di rincorrere il ruolo di spettatrice passiva e comincerà a giocare da protagonista nella competizione globale, forse non solo riuscirà a sfuggire al ricatto delle politiche trumpiane, ma avrà anche l’opportunità di riprendersi una posizione di leadership nel mondo di domani.