Trump e la Groenlandia: la fine del mondo che conosciamo

Carmelo Palma
27/03/2025
Orizzonti

Qualche mese fa su queste pagine e poi in questo podcast a cura de L’Europeista Piercamillo Falasca aveva spiegato molto bene perché il futuro del pianeta passa per la Groenlandia e perché attorno a quest’enorme isola inospitale si è creato un ingorgo di interessi economici e strategici statunitensi, russi e cinesi.

La grande assente in questo risiko tra i ghiacci sembra essere l’Unione europea. La Groenlandia, che appartiene al Regno di Danimarca, non fa più parte dallo spazio istituzionale europeo dal 1982 (dopo un referendum popolare, tenutosi nove anni dopo l’ingresso della Danimarca nella CEE), ma continua a essere legata all’Ue da un accordo di partenariato strategico.

La centralità nelle rotte artiche e la ricchezza di risorse naturali (gas, petrolio e soprattutto terre rare) rendono la Groenlandia un boccone prelibato per le principali potenze mondiali ed è quindi ovvio che gli Usa, da molto prima di Trump, abbiano offerto molto alla Danimarca per acquistarla e per bissare l’operazione che portò nel 1867 alla vendita dell’Alaska agli Usa da parte della Russia.

Se però la Groenlandia, pur geograficamente così periferica, è al centro degli interessi globali, è soprattutto il punto in cui, se le cose andranno come Trump intende farle andare, si romperà definitivamente l’ordine politico e morale dell’Occidente democratico.

La Groenlandia è già oggi una piattaforma della Nato, come il territorio di qualunque altro stato membro dell’alleanza. La ragione per cui Trump sostiene che quel territorio spetti all’America è che Trump non riconosce più la Nato come strumento di sicurezza comune, poiché non riconosce più né i presupposti né i fini dell’ordine internazionale costruito attorno al nucleo delle democrazie euro-atlantiche. 

La forza degli USA era la loro affidabile prevedibilità

Dal 1945 ad oggi gli Usa hanno seguito uno schema affidabile, perché prevedibile, fondato sull’alleanza tra le democrazie come condizione di un governo ordinato delle relazioni internazionali. Non hanno fatto beneficenza agli scrocconi europei, come vuole la vulgata Maga, ma hanno scommesso che i costi legati alla difesa militare di quest’ordine globale sarebbero stati ampiamente compensati dai vantaggi economici e politici dell’“americanizzazione” del mondo.

Trump non crede che la democrazia liberale, così come la conosciamo, sia uno strumento di governo efficiente e pensa che la sua universalizzazione geopolitica – cioè la difesa delle istituzioni democratiche come framework di una politica internazionale di progresso economico e civile – sia altrettanto inefficiente e svantaggiosa per l’America. 

È del tutto irrilevante capire se Trump usi quest’ideologia al servizio degli interessi di un’oligarchia abilissima a maneggiare le dinamiche plebiscitarie di un sistema dicomunicazione di massa, che ha incorporato gli stessi processi democratici o se sia semplicemente l’interprete del reflusso reazionario di un’America che, dopo avere globalizzato il mondo, non accetta di essere globalizzata, in primo luogo sul piano demografico, e di condividere la rendita della propria potenza. Peraltro, è possibile che dietro al fenomeno Trump vi siano entrambi questi fenomeni, come dimostra ad esempio l’evidente tensione tra Musk e Bannon.

L’unico dato rilevante è che Trump è un Presidente radicalmente anti-occidentale, che ha apertamente sfidato i totem e infranto i tabù dell’Occidente costruito dopo il 1945 dagli Stati Uniti. 

Trump arriverà dove sarà lasciato arrivare

L’offensiva sulla Groenlandia è il precipitato di tutto questo. Perché non deve “prendersela”, se è abbastanza forte da farlo? Perché deve rispettare le alleanze storiche, se queste pregiudicano possibilità a portata di mano? Se l’equilibrio del terrore inaugurato dagli accordi di Yalta aveva tenuto la parte occidentale del mondo al riparo della violenza interna e internazionale, l’isolazionismo pacifista della Casa Bianca universalizzerà la violenza economica, politica e militare come principio d’ordine del mondo. 

Se, quando e come Trump riuscirà a fare quello che vuole fare non dipende da lui, ma dagli altri visto che tra lui e la Groenlandia c’è di mezzo ancora un pezzo di America e di Europa. Però sappiamo che arriverà esattamente dove sarà lasciato arrivare. Se pure l’occupazione e l’annessione della Groenlandia venisse realizzata senza sparare un colpo – cosa più che probabile – ufficializzerebbe la fine dello stato di diritto nelle relazioni internazionali all’interno (e non solo all’esterno) dei confini della vecchia alleanza euroatlantica. Sarebbe la “fine del mondo” come lo conosciamo.