Trump e Musk: la richiesta di elezioni in Ucraina è sottomissione a Putin
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“L’Ucraina deve tenere nuove elezioni. Non è una cosa che viene dalla Russia, viene da me”. Con questa dichiarazione, il Presidente degli Stati Uniti riporta sotto i riflettori la questione ucraina, spalleggiato peraltro da Elon Musk, suo principale finanziatore, che su X rincara la dose: «Se stiamo difendendo la democrazia, allora deve esserci democrazia». Un’affermazione che, a prima vista, potrebbe sembrare un appello ai principi democratici. Ma dietro questa retorica si nasconde in realtà l’ormai conclamata compiacenza dell’Amministrazione americana per gli interessi del Cremlino e di Vladimir Putin.
La democrazia non è un teatrino, ma un contesto
Chiunque abbia un minimo di conoscenza politica, e provi a scrivere e parlare solo sulle cose di cui è informato, sa che la democrazia non si riduce a infilare una scheda in un’urna. Se così fosse, potremmo dire che esiste democrazia anche in Russia, dove ci sono distretti in cui Putin raccoglie persino il 105 per cento dei voti validi, o in Corea del Nord, dove si tengono elezioni-farsa con candidati unici in ogni collegio. La democrazia è un sistema complesso, fondato sullo stato di diritto, sulla separazione dei poteri e su istituzioni solide: è all’interno di questo recinto protettivo e di un ecosistema autenticamente libero e plurale, che avviene il voto.
L’Ucraina non fa eccezione. La sua Costituzione (come quella di molti Paesi occidentali, Italia inclusa) stabilisce che, in caso di guerra, le elezioni possono essere posticipate per sei mesi, con possibili proroghe votate dal Parlamento. Una misura finora sempre adottata e reiterata con il consenso dell’opposizione, consapevole che un Paese sotto attacco non può garantire un processo elettorale libero e regolare. Per chi volesse approfondire come, nonostante la sospensione del voto e una guerra brutale in corso, l’Ucraina stia costantemente irrobustendo la sua democrazia (anche per adempiere ai criteri di adesione all’Unione Europea, a cui ora è candidata), consigliamo la lettura di questo articolo sul Journal of Democracy.
Il gioco sporco del Cremlino
Come si può votare in un Paese devastato dalla guerra? Come garantire il diritto di voto ai soldati al fronte? Come consentire il voto a milioni di rifugiati all’estero? Quale sarebbe lo status dei cittadini ucraini nei territori occupati, dove Mosca impone la propria propaganda con la forza e la violenza? Ancora, i tanti prigionieri ucraini nelle carceri russe potrebbero votare?
Chiedere elezioni oggi significa ignorare tutto questo e, soprattutto, fornire alla Russia un’arma perfetta per delegittimare l’attuale leadership ucraina e in generale le istituzioni della Repubblica Ucraina. Non è un caso che il Cremlino abbia più volte parlato della necessità di un “cambiamento di leadership” a Kyiv. Il rischio è quello di un’elezione manipolata, contestata, monca, che darebbe a Mosca un pretesto per spingere Kyiv verso un governo debole, malleabile, se non complice.
Un Paese più unito della narrazione trumpiana
Mentre Donald Trump prova a indebolire Zelensky spargendo falsità su un fantomatico “tasso di approvazione popolare del 4 per cento“, che non ha riscontri in nessuna indagine demoscopica (la popolarità dell’attuale presidente è sicuramente calata, ma resta intorno al 50 per cento degli intervistati), Volodymyr Vyatrovich, deputato del partito di opposizione “Solidarietà Europea”, ha sottolineato la necessità di un “governo di salvezza nazionale, che deve unire tutte le forze ucraine, respingere le accuse di mancanza di legittimità del governo ucraino all’estero e ripristinare la fiducia al suo interno“. Un messaggio chiaro: la priorità anche per l’opposizione non è un voto simbolico, ma la coesione del Paese di fronte all’invasione russa.
Propaganda tossica e cattiva fede
Chi crede davvero nella democrazia sa che le elezioni devono avvenire in condizioni di pace e sicurezza. I Paesi europei del dopoguerra poterono votare solo dopo aver ricostruito le loro istituzioni e garantito la stabilità. L’Ucraina merita lo stesso trattamento.
Alexis de Tocqueville scrisse che l’America è grande perché è “buona”. Aggiunse che, se l’America smettesse di essere buona, smetterebbe anche di essere grande. Spingere per elezioni in Ucraina oggi non è un segno di “bontà” o di rispetto per la democrazia: è una mossa in cattiva fede, che serve solo gli interessi di Mosca.
Chi sostiene davvero la democrazia in Ucraina deve lottare per una pace giusta. Solo dopo si potrà parlare di elezioni. Pretendere il voto ora è una mossa per destabilizzare Kyiv e tradire quei valori che, a parole, si afferma di voler difendere. La richiesta di elezioni in Ucraina è solo sottomissione a Putin.