Trump vuole le terre rare ucraine? Allora l’aiuti a vincere la guerra
L’ultima dichiarazione di Donald Trump su un possibile accordo con l’Ucraina per lo sfruttamento delle terre rare, in cambio di aiuti militari ed economici, ha riacceso il dibattito sulla politica estera statunitense. Parlando alla Casa Bianca, l’ex presidente ha spiegato di voler “pareggiare i conti” con Kyiv per i quasi 300 miliardi di dollari di sostegno che Washington ha fornito dall’inizio del conflitto con la Russia.
Ma come spesso accade, le parole roboanti del presidente americano cambiano spesso forma quando sono esposte alla prova della realtà, in un mondo più complesso dei suoi post su Truth.
Vediamo nel dettaglio. La proposta dell’inquilino della Casa Bianca prevede che l’Ucraina garantisca agli Stati Uniti l’accesso alle sue riserve di minerali critici – tra cui titanio, litio e uranio – essenziali per l’industria tecnologica e la difesa. Questa mossa si inserirebbe in una più ampia strategia americana volta a ridurre la dipendenza dalla Cina per l’approvvigionamento di terre rare, settore in cui Pechino detiene una posizione dominante a livello globale. Tuttavia, il piano di “equalizzazione” ipotizzato dall’ex presidente con l’Ucraina si basa su un presupposto tutt’altro che semplice: la reale disponibilità di questi minerali e la possibilità effettiva di estrarli.
Il problema della guerra e dell’accesso alle risorse
Da ben prima dell’invasione subita ormai tre anni fa, l’Ucraina aspira a diventare un attore di primo piano nel mercato delle materie prime critiche, facendo leva sulle proprie risorse naturali e sulle competenze tecnologiche interne che da tempo sta sviluppando. Da paese a forte vocazione agricola, l’Ucraina ha già da tempo chiaro che una sua futura autonomia dalle minacce dell’Orso russo passa da un uso intelligente delle sue risorse minerarie: litio, nichel, cobalto, manganese e titanio, componenti sempre più fondamentali nel mondo di oggi.
Secondo il CEO di Beholder, Andrii Sevriukov, l’Ucraina potrebbe addirittura ospitare il più grande deposito di litio in Europa. Roman Opimakh, direttore della State Geological Service of Ukraine, sottolinea invece come il Paese detenga almeno 24 dei 34 minerali critici riconosciuti dall’Unione Europea.
Il vero ostacolo, però, è che molte di queste risorse si trovano in aree occupate o contese dall’esercito russo. Ad esempio, i giacimenti di litio di Shevchenkivske e Kruta Balka sorgono nelle regioni orientali del Donbass, ora sotto il controllo di Mosca o prossime alla linea del fronte. L’insicurezza e l’instabilità della guerra hanno chiaramente bloccato ogni attività estrattiva, scoraggiando qualsiasi tentativo di investimento.
L’incoerenza della proposta di Trump
È a questo punto che si manifesta la principale criticità della proposta di Trump: come potrebbe l’Ucraina garantire a Washington l’accesso a risorse che, in molti casi, non sono sotto il suo controllo diretto? Forse che Trump sta suggerendo la riconquista del Donbass e sta offrendo sostegno in tal senso? Sarebbe una novità assoluta e in controtendenza rispetto all’obiettivo più volte dichiarato di voler porre fine in tempi brevi alla guerra.
Accordo rapido con la Russia e sfruttamento americano delle terre rare ucraine sono due obiettivi che non si tengono insieme: o l’uno o l’altro.
D’altronde, anche ipotizzando che gli Stati Uniti riescano a ottenere un accesso anche solo parziale ai depositi di terre rare ucraine, magari limitato ai giacimenti attualmente in aree controllate da Kyiv, resterebbe un altro problema. La lavorazione di questi minerali richiede anni di investimenti in infrastrutture e know-how specifico, oltre che capitali ingenti. Serve che un piano di questo tipo avvenga in condizioni di assoluta stabilità e sicurezza, ergo: servirebbe assicurare all’Ucraina quella protezione NATO che Zelensky giustamente invoca, ma che per la Russia è un altro ostacolo pregiudiziale all’accordo.
La necessità di una strategia di lungo termine
Lo sfruttamento ucraino delle terre rare si dovrebbe accompagnare dunque con una garanzia di sicurezza assoluta, nell’interesse degli ucraini ma anche dei potenziali interessi americani evocati da Trump. Oggi gli Stati Uniti dispongono di una sola miniera di terre rare operativa e continuano a dipendere in modo rilevante dalla Cina per la raffinazione. Senza una strategia industriale solida, Washington rischia di sostituire la dipendenza da Pechino con un’altra situazione di vulnerabilità: un’Ucraina ancora provata dal conflitto, con un nemico ostile e ancora vorace alle porte, potrebbe non essere in grado di garantire una fornitura stabile e costante di materie prime.
Insomma, la proposta di Trump di “pareggiare i conti” con l’Ucraina attraverso lo sfruttamento delle terre rare si fonda su assunti instabili.