Viva il Canada, alternativa a Washington per i commerci italiani ed europei

Manca ormai poco meno di un mese al 2 aprile, fatidica data indicata da Donald Trump come termine ultimo per l’imposizione di dazi al 25% “sulle auto e su tutto il resto” all’Unione Europea. Una mossa, quella del Presidente degli Stati Uniti, che assume sempre più i connotati di una ritorsione con il fine ultimo di persuadere l’altra sponda dell’Atlantico a sospendere i finanziamenti alla resistenza ucraina, come palesato dallo sciagurato agguato teso dall’inquilino della Casa Bianca al Presidente Zelensky, in uno Studio Ovale relegato per l’occasione a scenografia di un deplorevole circo mediatico.
L’Europa, come noto, si aggregherebbe così a un gruppo ben nutrito di potenze trascinate dal tycoon in una guerra commerciale sanguinolenta per ogni parte coinvolta, con la conseguente corsa contro il tempo per perseguire nuove rotte commerciali e relazioni diplomatiche con cui attenuare gli effetti catastrofici della svolta iper protezionista paventata da Washington. Ne sono testimonianza l’accordo UE-Mercosur dello scorso dicembre, il vertice di Bruxelles di febbraio tra Ursula Von der Leyen, António Costa e Justin Trudeau e, ancor più recentemente, la trasferta in India del Collegio dei Commissari dell’UE – il tutto per giungere a più proficui accordi prima che l’introduzione della mannaia statunitense travolga i commerci del Vecchio Continente.

Parimenti, anche il Governo italiano, al netto di ogni considerazione di parte, è intento a stilare individualmente un proprio piano B, nel caso in cui la stima di Trump per Giorgia Meloni non si rivelasse sufficiente a strappare quell’impalpabile trattamento di favore tanto promesso dal Presidente statunitense al nostro Paese, mostrando così lungimiranza e diffidenza verso le dichiarazioni di un leader altamente imprevedibile e inaffidabile. Tornando al menzionato Canada, infatti, negli scorsi mesi si è registrata una veemente accelerazione nei già ragguardevoli rapporti bilaterali tra Roma e Ottawa, al fine di cementare ulteriormente una partnership storica che muove nel solco del CETA, Accordo commerciale globale ed economico UE-Canada. Per contestualizzare, i dati ufficiali canadesi rivelano che nel 2023 le importazioni di beni italiani in Canada hanno raggiunto il valore di 12,9 miliardi di dollari, con scambi bilaterali che, negli ultimi anni, hanno riportato una crescita costante e significativa del Made in Italy nel Paese nordamericano, pari a +27,7% di valore esportato dal 2019 al 2022. Dall’introduzione del CETA nel 2017, inoltre, l’interscambio è aumentato circa del 60%. Volumi, questi, che certificano la posizione dell’Italia come terzo partner commerciale in Europa e ottavo a livello globale per il Canada.
La totale intesa tra Roma e Ottawa
Il rafforzamento strategico della partnership in corso si estrinseca in atti quali la ratifica della Roadmap for Enhanced Cooperation, siglata da Meloni e Trudeau durante il G7 italiano dello scorso giugno, volta a incrementare la collaborazione italo-canadese in settori chiave come la sicurezza energetica, l’innovazione tecnologica e il commercio. Ancor più rilevante, in chiave strategica per la sicurezza delle catene di approvvigionamento delle aziende italiane, risulta il recente “Joint Statement on Critical Minerals and Critical Raw Materials Cooperation” su terre rare e materie prime critiche, che risale appena allo scorso ottobre ed estende, in ottica bilaterale, l’apposito Canada-EU Strategic Partnership on Raw Materials del 2021. Non da ultima, l’istituzione della piattaforma di business matching tra imprese italiane e canadesi da parte di Cassa Depositi e Prestiti, lanciata a fine 2023, garantisce alle aziende un migliore e più semplice processo di internazionalizzazione e accesso ai mercati. Nel frattempo, a nord di Washington, i rapporti con la Casa Bianca sono divenuti così tesi da indurre circa la metà dei canadesi, secondo un sondaggio condotto da Toronto Today, a esprimersi favorevolmente a un eventuale ingresso della Foglia d’Acero nell’Unione Europea. Di contro, solo il 13% si è detto favorevole all’annessione da parte degli Stati Uniti, secondo uno studio dell’istituto di ricerca Leger.
Il boomerang dei dazi trumpiani
Qualora, come sostiene qualche inguaribile ottimista, i dazi minacciati da Trump a entrambe le sponde dell’Atlantico si rivelassero un mero spauracchio brandito come strumento di ritorsione, la strategia del tycoon avrebbe in ogni caso e inevitabilmente prodotto, come conseguenza non intenzionale e altamente indesiderata, l’ulteriore e parallelo avvicinamento tra Roma e Bruxelles e Ottawa, in funzione proprio di un ridimensionamento degli interscambi con Washington. In questo contesto, è bene sottolineare, il Canada rappresenta il quinto produttore mondiale di litio e gas naturale, nonché secondo su scala globale nella produzione di nichel e uranio, terzo per quanto riguarda il rame e decimo nell’estrazione di petrolio, senza dimenticare le enormi riserve di cobalto e grafite di cui il Paese dispone.
Con i dazi statunitensi sui prodotti canadesi che dovrebbero entrare in vigore domani stesso, gli effetti stimati sul crollo delle importazioni di bourbon e vino californiano appaiono già devastanti per i rispettivi produttori, con il GOP che finirebbe per alienare, in vista delle midterm, il supporto di una fetta importante di elettorato che dipende da tale indotto: un’occasione irripetibile per indurre i consumatori canadesi a passare dal whisky del Ketucky alla grappa veneta.